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Nel tempo in cui erano nel loro massimo splendore e per tale motivo erano annoverati tra i popoli più felici e più ricchi d’Italia, gli abitanti di Crotone vollero arricchire di artistici dipinti il tempio di Giunone, che onoravano con un culto particolare. Ingaggiato pertanto l’eracleota Zeusi, in quel tempo ritenuto il più grande di tutti i pittori, si servirono della sua opera. […] Zeusi dunque, perché la muta immagine della dea contenesse la bellezza femminile ideale, dichiarò di voler riprodurre la figura di Elena. I Crotoniati, per aver sentito dire ch’egli superava tutti gli altri nella rappresentazione del corpo femminile, lo ascoltarono volentieri […]. Zeusi lì per lì chiese di quali mai belle fanciulle disponessero […]. «Ponete a mia disposizione» disse Zeusi «le più belle, perché io possa dipingervi quanto vi ho promesso, trasferendo nella muta immagine della dea la bellezza perfetta, desumendola da esemplari viventi». Quindi allora con regolare pubblica deliberazione riunirono in un sol luogo le fanciulle e lasciarono che Zeusi scegliesse quella che voleva. Egli ne scelse cinque. Molti poeti ne tramandarono i nomi, per aver esse superato l’esame sotto chi doveva possedere un criterio estetico perfetto, per giudicare della bellezza completa. Zeusi infatti non ritenne di poter trovare in un sol corpo tutti gli elementi di cui aveva bisogno, per rappresentare la bellezza ideale, in quanto la natura, quasi temendo che non le rimanga di che possa dotare le altre creature, se a una sola desse tutto, non porta nulla a completa perfezione, donando a chi un pregio e a chi un altro, non senza aggiungervi qualche difetto.

— Cicerone, De inventione, II, I, 1-3 [tr. it. a cura di A. Pacitti, L’invenzione retorica (Tutte le opere di Cicerone, vol. 14), Mondadori, Milano 1967, pp. 158-160].

— Eleuterio Pagnano, Zeusi e le fanciulle di Crotone (1889, GAM, Milano).